I giovani, la scuola, la scienza

La ricerca che viene presentata segue il lavoro del 2003 Scienze, un mito in declino? anche questa realizzata con il contributo del Ministero della Pubblica Istruzione sulla base dalla legge 6/2000. Da quel lavoro emerse che in Italia, al pari degli altri Paesi ricchi d’Europa e del mondo, i giovani sceglievano sempre meno corsi di studi universitari di Scienza di base. In questi anni, altri hanno condotto ricerche sullo stesso tema con conclusioni analoghe che hanno portato anche alla promulgazione della legge “Lauree scientifiche” allo scopo di favorire l’orientamento degli studenti verso questi studi. Dovrebbe indurre alla riflessione il fatto che nel provvedimento non sono presenti, nel novero delle discipline scientifiche, né le Scienze Naturali né quelle Biologiche e Geologiche (assenza non certo compensata da Scienza dei materiali). E’ pur vero che le Scienze della Natura non attraversano la stessa crisi delle facoltà di Matematica, Fisica e Chimica, tuttavia questa separazione non aiuta a risolvere il problema che è generale per tutta la Scienza, non solo per una parte di essa. A considerare le sole iscrizioni si potrebbe essere portati a pensare che nell’ambito delle Scienze della Natura vada tutto bene, ma non è così: ci sono preoccupazioni serie e profonde seppure di tipo diverso, come mostra questa indagine.

Siamo arrivati ad un punto in cui i provvedimenti che tendono a superare difficoltà, erroneamente ritenute contingenti, non bastano più: il problema delle Scienze in Italia è grave come negli altri Paesi, ma presenta peculiarità per molti versi assai più preoccupanti. Una di queste preoccupazioni deriva dal fatto che nel nostro Paese non sono stati ancora messi a punto dei piani straordinari per creare Osservatori permanenti, qualificati ed efficienti per l’analisi della validità dell’insegnamento in generale. Non c’è che da accogliere con gratitudine i campanelli d’allarme venuti dalle indagini OCSE-PISA che hanno messo in evidenza come il nostro sistema scolastico fornisca risultati imbarazzanti per ogni disciplina portante esaminata: dalla Lingua, alla Matematica, alle Scienze. Questa constatazione è ancora più grave se paragonata all’esito degli esami di Stato che appaiono come un gigantesco indulto nazionale che costruisce piani di merito artificiali in cui trovano posto tutti indipendentemente dalle loro prestazioni scolastiche.

Paradossalmente per i pochi laureati in discipline scientifiche, anche se con risultati brillanti, le prospettive di specializzazione sono incerte, rare e con remunerazioni insufficienti; la ricerca non viene incentivata ed i giovani si debbono rivolgere all’estero, una scelta che spesso rende arduo il rientro per come funziona il nostro sistema di reclutamento. Quindi non è solo il nostro sistema scolastico ad essere in crisi, ma l’intero sistema formativo con l’Università che non può essere considerata immune da responsabilità. Le Università, infatti, accolgono con relativa facilità le nuove suggestioni che, seguendo una tradizione consolidata, vengono piegate ad uso di interessi settoriali non sempre convergenti con interessi di tipo generale, con il rischio che certi corsi divengano una vera trappola a fondo cieco per coloro che li percorrono e che, dopo pochi anni, possano assistere alla scomparsa del corso di studi che li ha condotti alla laurea. Troppo lungo l’elenco degli esempi che sulla carta sembrano ottime intuizioni adatte a migliorare la scuola, ma che una volta divenute operative o si sono dimostrate irrilevanti oppure hanno consolidato lo stato di sofferenza.

Il momento è particolarmente delicato e complesso anche a causa del passaggio dalla direzione centralizzata all’autonomia che è un termine affascinante quanto mal inteso: per ora anziché aprirsi nuovi spazi di lavoro ed aumentare le possibilità di esprimere potenzialità represse, si sono accentuati aspetti di arbitrarietà gestionale moltiplicata per il numero dei livelli di responsabilità. In questa situazione si colloca la nostra ricerca basata su un ricco questionario a cui hanno risposto 1.488 alunni. Purtroppo la distribuzione delle risposte non ci ha permesso di costruire un campione rappresentativo della realtà nazionale, ma il loro numero cospicuo ha reso possibile una fotografia significativa della situazione italiana.

I risultati di questa analisi sono chiari in modo ineludibile: la Matematica risulta astratta e insopportabile per un numero sempre più elevato di studenti dalla scuola elementare fino alla superiore; la Fisica è considerata dalla maggioranza come difficile e irraggiungibile, la Chimica invece non sembra preoccupare molto, probabilmente perché appare in modo frammentario e fugace nei corsi di studio di indirizzo generale.

Quali le conclusioni per le Scienze Naturali? Dalle risposte degli studenti queste si distinguono in modo netto dai giudizi negativi riservati alle altre discipline scientifiche, perché non generano né terrore né rifiuto e vengono giudicate un ambito di studio che offre risposte utili alla comprensione del mondo. Lo studio non appare particolarmente impegnativo e i risultati scolastici non sono percepiti come selettivi.

Nasce il desiderio di avviare un’altra indagine per vedere fino in fondo perché le Scienze Naturali sono percepite come una disciplina nettamente diversa dalle altre Scienze sperimentali. Occorrerebbe indagare per vedere quanto la visione che gli studenti hanno delle Scienze Naturali corrisponda a ciò che esse sono attualmente. Forse il favore che viene loro riservato dagli studenti si riferisce ad una realtà delle Scienze naturali che è indubbiamente fondata, ma non esaustiva: le Scienze che forniscono una descrizione quasi estatica del mondo naturale esistono sempre e sarebbe anche bene che fossero curate adeguatamente dagli insegnanti, ma a queste si affiancano nuovi aspetti della Biologia e delle Scienze della Terra che utilizzano gli stessi strumenti matematici di analisi e descrizione della realtà della Fisica e della Chimica e, come queste ultime, sono discipline quantitative in grado, con la medesima accuratezza, di fare previsioni.

Da cosa scaturisce il giudizio positivo nei confronti delle Scienze Naturali? Influisce il clima di lavoro più disteso e meno oppressivo, il fascino degli argomenti trattati, i metodi di indagine, le possibili future applicazioni delle scoperte che si susseguono quasi freneticamente? Emerge con nettezza da questa indagine che, nonostante questa preferenza, gli studenti non sembrano lasciarsi condizionare nella scelta della facoltà a cui iscriversi. Questa ricerca ha il merito di fornire elementi a questa discussione così importante per una Associazione come la nostra.

Un sincero ringraziamento ai numerosi colleghi che hanno speso una parte non trascurabile del loro tempo e del loro lavoro per somministrare i test agli studenti e per trasferire i risultati nei fogli elettronici per la successiva analisi. Si è trattato di un lavoro delicato e impegnativo per la lunghezza e la complessità del test: senza il loro contributo, questa ricerca non sarebbe stata possibile.

Vincenzo Terreni
Presidente ANISN